Il primo frutteto sperimentale

Nel corso degli anni di studio e di sperimentazioni nel “laboratorio a cielo aperto”, così potremo definire il giardino sperimentale Indigena, sono state collaudate qualche decina di consociazioni tra piante e animali con lo scopo di ottenere una sinergia utile ad aumentare la produzione degli impianti biologici, abbassare i costi di manodopera e l’impatto ambientale.

Fino al 2008 il lavoro svolto riguardava piccole superfici di terreno e non era mai stato applicato su scala economicamente significativa per una azienda agricola.

Nel 2009, in seguito alla disponibilità di un privato interessato a sviluppare queste applicazioni, si è potuto testare per la prima volta uno di questi modelli di consociazione. La superficie resa disponibile, che si trova a Poggiana di Riese Pio X (TV), era di circa un ettaro;  gli obiettivi, oltre ai comuni pricipi di promozione dell’agricoltura naturale, erano anche quello di fornire occasione di lavoro ed integrazione sociale alle persone lì residenti, e quello di valorizzare e tutelare il loro contesto abitativo dal punto di vista ambientale e paesaggistico.

Aspetti colturali

L’impianto è costituito da una consociazione di tre tipi di fruttiferi: pesco in due antiche varietà, ottenute da seme recuperato da popolazioni locali, susino nelle tre specie -europeo, asiatico e cino-giapponese – rappresentato da una decina di comuni varietà tra antiche e moderne, con cinque piante per varietà, ed infine, melo in due piante per varietà, tra quelle recenti non più presenti sul mercato.

Le tre tipologie sono consociate tra loro, in modo che nei filari pari al melo si alterni il pesco, e nei filari dispari il susino.

Come previsto dal modello consociativo, il pesco è entrato in produzione al terzo anno, e invecchiando verrà eliminato all’ottavo, il susino entrerà in produzione quest’anno, al quinto e verrà eliminato al sedicesimo, mentre il melo entrerà in produzione all’ottavo e si manterrà ben oltre la durata del contratto.

In questo modo possiamo impostare la coltura del frutteto in modo meno impattante e più sostenibile per il nostro futuro, mantenendo alti livelli di produttività grazie alla biodiversità impiegata: la continuità di produzione infatti viene garantita dalla precoce fruttificazione del pesco e a seguire del susino, finchè gradualmente prenderanno spazio definitivamente il melo e il pascolo di animali.

Per il controllo dell’erba e la valorizzazione degli scarti, infatti, saranno impiegate oche e capre fin dal sesto anno, cioè da quando i fusti dei fruttiferi, protetti da reti anti pascolo, saranno sufficientemente ingrossati da sostenere le spinte degli animali che tenteranno di piegarli per mangiarne le foglie.

Aspetti contrattuali

Il passaggio più delicato della questione fu l’elaborazione di un particolare contratto con il proprietario del terreno necessario a garantire le due parti. Da un lato si richiedeva la conduzione per trent’anni, senza cui questo tipo d impianti non avrebbero avuto senso, dall’altro si offriva il know-how, la partecipazione al progetto e agli utili che sarebbero derivati dalla vendita dei prodotti. Con il proprietario abbiamo sviluppato un piano finanziario e reso definitivo il progetto di un frutteto consociato, per meglio rispondere alla vocazione agraria dei suoli, al contesto naturale-ambientale ed infine alle inclinazioni e alle attitudini delle persone che si intendeva coinvolgere nei lavori agricoli.